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Pavel Florensky, nel suo bellissimo saggio sulle icone russe, parlava del rapporto tra opera d'arte e contesto, tra il luogo dove l'opera era stata ideata e quello dove veniva poi esposta. Secondo il filosofo russo un'opera d'arte deve rimanere là dove l'artista l'aveva prevista. Nel caso delle icone dovevano restare nella chiesa dove erano state dipinte, con la stessa luce, le stesse ombre. Per le statue diceva che esse dovevano rimanere esposte al tempo ed alle intemperie dove erano state pensate per esistere, lasciare che la pioggia le segnasse, affinché l'opera stessa diventasse parte del luogo, e si modificasse con esso. E' un pensiero molto vicino alla filosofia Wabi-Sabi giapponese, che si potrebbe tradurre come "L'elogio dell'Imperfetto". Gli oggetti sono più interessanti, più artistici, più preziosi se vengono segnati dal tempo, o marcati dall'errore della mano umana, o da entrambi. Chissà se Florensky conosceva questa filosofia…

A Bergamo c'è una casa speciale, un po' magica, dove aveva il suo atelier Franco Normanni, artista eclettico e riservato, dalla grande produzione per lo più sconosciuta, e sulla quale solo lo scorso anno una mostra postuma a lui dedicata ha fatto luce, una mole di opere enorme e ancora in parte da scoprire. La casa ha un giardino antico, poco curato, e lungo i suoi viottoli Normanni aveva installato due statue a mio parere bellissime, un "nodo" e un corpo di donna senza testa. Come Florensky aveva predicato, il tempo, la polvere, il sole e la pioggia avevano negli anni - le statue sono del periodo '70-'80- lentamente corroso il materiale e aggiunto una patina scura che parlava di direzione del vento, di esposizione al nord o al sole, di lati rivolti alle abitazioni o lati più esposti alle intemperie.

Ma, come spesso accade, vi sono eventi imprevisti, situazioni improvvise, che turbano il sottile equilibrio e il rapporto tra le opere d'arte ed il loro contesto. E così, nel giardino di Normanni, improvvisamente, sono iniziati i lavori di ristrutturazione della casa dell'artista, voluti dagli eredi. Si trattava quindi di dare ospitalità alle due statue mentre venivano conclusi i lavori edili per evitare che venissero danneggiate. Ho sempre amato quelle due creazioni ed offrire la mia casa come loro dimora, sia pur temporanea, è stato più un favore a me stesso che agli eredi di Normanni… Trasferite senza grossi problemi si è trattato di decidere come procedere con la loro pulizia. Muschio, smog, polvere, sedimenti vari coprivano la superficie in cemento delle statue. Ma se la casa veniva ristrutturata, il giardino ripristinato, forse bisognava semplicemente pulire le statue per renderle coerenti con il cambio di contesto una volte restituite. Le due opere sono state quindi lavate con uno straccio morbido ed acqua, evitando di intervenire dove il tempo aveva aggredito la consistenza stessa del cemento, rendendolo più grossolano, più ruvido. Dove metterle in casa? In giardino, nel salone, offrirle ad un godimento pubblico oppure privato?

Per quanto temporaneo, la presenza di elementi così forti si prestava a molte interpretazioni. Ma perché invece non metterle in un posto dove la relazione diventa quasi fisica, sensoriale, dove il rappresentato e la matericità dell'opera d'arte viene ogni volta messa in rilievo e in discussione, per diventare motivo di riflessione, di pensiero. Ecco quindi che la statua di donna va ad occupare un angolo…del mio bagno. Si, ho bagno molto grande, quasi 20 mq, con il pavimento di legno grezzo e la doccia al centro della stanza, senza pareti. Fare la doccia diventa un evento, con la statua a pochi metri che ti guarda ( senza testa…) e tu ti ritrovi nudo ad osservare un nudo di donna…e quindi a pensare, ad immaginare, a vestire e svestire la statua di desideri e sogni…

A volte la luce serale entra dal soffitto ed illumina solo la statua, altre volte, la notte, è una luce puntuale che la illumina proiettandone le ombre sulle pareti di pietra. Pietra e cemento che si fondono in questa semi-oscurità. Il bagno si apre completamente su un giardinetto interno, dove forse andrà la statua, quando sarà stanca di vedermi fare la doccia… Il "nodo" presentava un problema più complesso; opera concettuale, tridimensionale ma con due lati preponderanti, la si poteva posizionare ovunque ed in nessun luogo… Pulendola ero rimasto affascinato da come l'elemento toroidale non si mostrasse mai in tutta la sua chiarezza, ogni movimento ne rivelava una fattezza diversa, un'incrocio sconosciuto, una relazione inaspettata, in quello che alla fine era l'avvinghiarsi di due nastri di cemento fino a diventare un elemento unico.

Era quindi naturale, in un certo senso, che finisse nella camera da letto… Camera che dà sullo stesso giardinetto interno del bagno e quindi le due statue si vedono e si guardano e, in un certo senso, non si sentono sole in questo ambiente a loro nuovo. Il "nodo" è per ora addossato alla parete di fondo, siede a fianco del letto, ne estende i limiti (sensoriali) e si presenta in tutta la sua enigmaticità. Viene voglia di girarlo, rovesciarlo, toccarlo e percorrerne le fattezze con la mano ad occhi chiusi. Si la camera da letto è il suo posto…

Oliviero Godi

28 agosto 2012

Pavel Florensky: Le porte regali. Saggio sull'icona (1921-1922), a cura di E. Zolla, Adelphi, Milano 1977, ISBN 88-459-0195-5

Koren, Leonard (trad. Guido Calza), Wabi Sabi. Per artisti, designer, poeti e filosofi, Ponte alle Grazie, 2002.